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Sovranità, indipendenza e sinistra

21 maggio 2015 - Rossomori

 

 

Sabato siamo andati a Sassari per partecipare al Convegno promosso da IRS per mettere a confronto esperienze di indipendentismo di sinistra in varie nazioni europee.

 

Siamo andati con sete di verifica delle nostre posizioni nel confronto con esperienze importanti che sono diventate oggetto di tante discussioni e di tanta attenzione dei media internazionali. Catalani e Scozzesi per primi. Ci siamo rinfrancati molto. Ci siamo sentiti confortati nelle nostre elaborazioni di progetto e più determinati di prima a condurre buone battaglie per realizzare anche da noi percorsi forti di sovranità e indipendenza. I nostri interlocutori hanno usato tante volte la parola sovranità, di popolo e di nazione. Hanno detto come hanno costruito partiti e conquistato consenso fino a poter dire che sono ormai alla vigilia di poter proclamare la indipendenza delle loro nazioni e la loro determinazione a costruire i loro nuovi stati. Legando il progetto di INDIPENDENZA a quello di NUOVO STATO SOCIALE. Hanno detto che la indipendenza per la BANDIERA non ha mosso i consensi necessari per vincere. Hanno detto che la vittoria si ottiene con il consenso intorno a progetti di RIFORMA economica e sociale e istituzionale da porre alla base della LOTTA PER LA INDIPENDENZA insieme con la lotta per la BANDIERA. Molto confortante, in momenti sempre più difficili e confusi, che le loro tesi siano molto simili a quelle che Rossomori ha prodotto al momento della sua nascita. Ci siamo confortati molto. Valeva e vale la pena combattere battaglie per una SOVRANITA' E INDIPENDENTISMO da SINISTRA. Chi predica Identità non può perdere la PROPRIA IDENTITA'. SOVERANIA EST INDIPENDENTZIA.

 

 

 

 

 

 

 

La Sardegna e le pesti d’importazione

21 maggio 2015 – Rossomori

 

 

La Sardegna è un'isola. La Sardegna è un'isola in Europa. La Sardegna vuole essere un'isola capace di preservare la sua biodiversità e impegnata a valorizzarne i contenuti culturali economici, sociali.

 

Tutte affermazioni assolutamente ovvie. Non sono ovvie se si pensa che quest'Isola non ha un sistema di controllo dei porti e degli aeroporti capace, per esempio, di verificare le condizioni di salute degli animali e dei vegetali che vengono importati e che possono portare con sè malattie che poi condizionano il futuro della nostra società e della nostra economia. Così sono arrivate la peste suina africana e la lingua blu, solo per citare le ultime pestilenze della zootecnia sarda. Così sono arrivate pestilenze sui nostri vigneti e sui nostri frutteti e sui nostri boschi. E così potranno arrivare altre terrificanti malattie delle piante e degli animali. Capaci di mettere la Sardegna in una perenne condizione di quarantena. E costringere la Regione a spendere cifre enormi per ristorare, almeno parzialmente, i danni. Bisogna che la Regione si doti di un forte corpo di vigilanza per le fitopatie e per le malattie degli animali. E con questo corpo decida di controllare gli ingressi, almeno, dei materiali vivi nei porti e negli aeroporti. Conosciamo tutte le obiezioni degli appassionati del libero mercato e i dei dotti chiosatori dei regolamenti comunitari che ci impedirebbero di difenderci da queste pestilenze e che ci obbligano, al contrario, a tutte le misure restrittive per l'economia delle nostre comunità rurali. Noi non vogliamo essere parte di questa schiera. Vogliamo essere parte della politica sovranista che rivendica la salvaguardia della nostra diversità ambientale e che proporrà giuste battaglie per attuare progetti concreti per realizzarla. Buona politica sovranista, non chiacchiere da salotto. Pro mezorare sa Sardinna.

 

Soveranìa est indipendentzia.

 

 

 

 

 

 

 

 

La scuola è una cosa seria. Anche per i Sardi

21 maggio 2015 – Marco Rossi Doria

 

 

 

La scuola è una cosa seria. Quando si ferma la scuola è una cosa seria.

La scuola è, infatti, un luogo che unisce molte cose: si impara il sapere dell'umanità in un tempo di radicale mutamento del come e del cosa si impara, si apprende a stare insieme tra coetanei nel mezzo di una crisi educativa generale che è di tutta la società, è il luogo della Repubblica che è più vicino alle attese e ai sentimenti di ciascuno.

 

Sì, perché la scuola - tra bambini, ragazzi, docenti e altri lavoratori - comprende 9 milioni di persone; e, intorno - tra genitori, nonni e altri - almeno altri 20 milioni. Luogo di speranza e artigianale costruzione, di grande inclusione, di dolorose esclusioni, di meravigliose innovazioni fatte da docenti straordinari, di conservazioni inaccettabili e anche di docenze mediocri.

 

E' per questo e per tanto altro ancora che tutto ricomincia a muovere le menti e i sentimenti quando il tema è la scuola. Esercitare scelte riguardanti la scuola, in modo democratico, non è facile. Ci vogliono processi ben sorvegliati. E' certo che non tutti possono essere sempre d'accordo. Ma è pur vero che se così tanti - e così diversi tra loro - sono contro una proposta che riguarda la trasformazione della scuola bisogna dare ascolto - per il bene stesso del processo di cambiamento -  e riflettere perché, evidentemente, il processo non è andato come poteva.

 

Perché ieri non è stato uno sciopero di fazione. Migliaia e migliaia di ragazzi e di docenti hanno svuotato, letteralmente, le scuole di ogni angolo d'Italia e riempito le piazze per dire che sono contro alcune cose. Certo, c'è chi è contro perché è contro. Ma a migliaia di insegnanti equilibrati e competenti e anche a tanti dirigenti non piace proprio un preside che non sia egli stesso parte di un sistema coerente di valutazione e parte soprattutto di una comunità educativa. E a chi lavora sodo in territori difficilissimi non va giù che fondi privati siano indirizzati a singole scuole, per timore che nulla arrivi dove vanno i poveri. E c'è la sensazione, presso tante organizzazioni degli studenti, di non essere stati ascoltati abbastanza, dopo le consultazioni online iniziali, su come loro intendono partecipare a quel luogo che abitano più di ogni altro. E poi c'è paura, in giro, che la promessa di stabilità del lavoro - che pare finalmente potersi realizzare - possa allontanarsi. Queste paure - va ricordato - sono tanto più profonde quanto più sono state ripetute le promesse disattese durante questi lunghi anni dove i docenti hanno fatto il loro dovere senza gratificazioni. Poi - certo - in piazza c'erano anche le conservazioni di sempre.

La giornata di ieri segnala un paradosso. Dopo anni di forti e miopi disinvestimenti questo governo ha investito 3 miliardi per la scuola; dopo decenni di tira e molla, ha solennemente scritto che oltre centomila precari entreranno in ruolo e che per gli altri si troveranno soluzioni, per poi riavviare i concorsi. E questo governo ha aperto l'anno scolastico con una consultazione larghissima, sulla base di un documento che mostrava innovazioni necessarie, che poteva essere emendato ma che aveva indubbi meriti, che è stato letto da organizzazioni e associazioni grandi e piccole di ogni colore e cultura, con una produzione ricchissima di annotazioni, per lo più positive, anche quando critiche. 

Oggi si deve constatare che a fronte di un processo bene avviato e di un investimento che si attendeva da anni, è venuta meno una indispensabile tessitura comune tra governo e chi fa scuola. Bisogna chiedersi perché. La scuola è un mondo troppo pieno di energie positive e della fatica intelligente di troppe persone per potersi arrendere all'alternativa: decisione senza dialogo o discussione senza decidere. Un'alternativa assai povera, in democrazia. E il passaggio difficile di oggi va, dunque, trattato come crisi, in senso proprio e quindi come opportunità. Infatti, è possibile dirsi che la ripresa di investimenti per la scuola e una grande mobilitazione costituiscano, insieme, il grande campo comune, potenzialmente positivo, dal quale ripartire, ritrovando luoghi e linguaggi comuni.

Da dove ripartire? Da tre cose:

 

1) immettere subito in ruolo i docenti precari accettando i passaggi concordati in Parlamento per riuscirci;

 

2) ricollocare il dirigente scolastico entro un sistema comunitario di decisioni e un sistema di coerenze per il quale si valutano e auto valutano ragazzi, scuole, docenti, dirigenti.

 

3) ri-partire dai ragazzi, da come immaginano la scuola che li fa apprendere di più e meglio, scoprire comunità, imparare a fare e ad essere. Ricostruire il telaio comune, ritessere subito il dialogo sulle cose da fare è difficile ma possibile.

 

Una buona politica può riuscirci. Anche in Sardegna.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Per una buona scuola. Basta che siada!

24 maggio 2015 – Rossomori

 

 

 

Se la scuola sarda è agli ultimi posti per la capacità degli alunni misurata a fine corso; se la dispersione scolastica in Sardegna è la più alta di Italia bisogna andare dritti al cuore delle soluzioni.

 

Noi non siamo d'accordo con la legge approvata dal Governo Renzi. Siamo contrari al Preside con troppo potere, escluso dai processi formativi. Siamo contrari alla scuola che guarda più al privato che al pubblico.

 

 Siamo contrari alla dequalificazione della scuola pubblica e dei suoi operatori. In Sardegna siamo per trovare tutti, proprio tutti, i fondi necessari per rendere la scuola sarda buona scuola democratica. Ai difetti gravissimi che espongono i nostri ragazzi al fallimento nella vita reale, fatta più di concorrenza che di solidarietà, bisogna mettere mano subito. Durante la discussione della legge finanziaria regionale, abbiamo proposto un emendamento per garantire la mensa scolastica al più gran numero possibile di alunni della scuola dell'obbligo. Anche per educare il gusto alla buona alimentazione. Anche per garantire, in condizioni di parità, un buon pasto a chi ne ha scarse possibilità. Ma soprattutto per avviare un processo di formazione e istruzione che ci tiri fuori dalla crisi. E aiuti i ceti deboli, i figli dei poveri, a essere "competitivi" con i figli dei ricchi. Cioè i figli tutti dei Sardi a essere alla pari con i figli delle aree ricche dell'Europa. Capaci di reggere bene nel mondo mettendo a frutto i loro talenti. Per fare questo serve che i nostri ragazzi abbiano, per intanto, molte più ore di lezione. E per fare questo serve il tempo prolungato che non si può realizzare senza le mense. Sulle altre cose immediate abbiamo detto altre volte. Ma siamo convinti davvero che senza molte più ore di scuola non si recupera la qualità della scuola che ci serve. E, oltretutto, sarebbe una buona occasione per realizzare buona e produttiva nuova occupazione. Quando le risorse sono ristrette bisogna fare scelte coraggiose. Bisogna avere sguardi lunghi. Bisogna riparlarne e trovare giuste soluzioni. E' il momento di decidere. Il futuro non aspetta.

 

 

 

 

 

 

I vedovi del potere e sos amigos de intros

09 giugno 2015 – Rossomori

 

 

Mi hanno telefonato da più parti della Sardegna perchè dica la mia opinione su quelli che parlano della questione del refresh. Intanto per chiedermi che cosa vuol dire refresh, in ora mala. E poi per capirci qualcosa. E poi perchè i tifosi dell'Assessore della Agricoltura, Elisabetta Falchi, che sono cresciuti a dismisura in questo ultimo periodo, mi chiedono con insistenza di randellare i suoi denigratori occulti e palesi.

 

Il refresh è, volgarmente, il rinfrescare, cioè aggiornare le carte dei voli che "tirano" fotografie e che danno l'immagine al suolo nel momento del passaggio dell'aereo. Per ordine della Unione Europea questo aggiornamento dei dati sulla destinazione dei suoli ammessi a godere dei benefici comunitari si fa regolarmente e su tutta l'Europa. E quindi anche sulla Sardegna. In ora mala s'inglesu!

Dai voli risulta che una parte di suolo destinato alla agricoltura ,secondo la interpretazione che ne danno quelli di Agea, non sarebbe più agricolo, ma coperto da bosco o macchia che non lo rende pascolabile. O magari è roccia. Si applica in questi casi il principio del netto/tara. E il netto viene pagato al netto, appunto della tara. Che cosa succede se un pastore, magari pascolante di gregge in terra pubblica, deve presentare la domanda per godere dei premi comunitari? Va a un Centro di Assistenza Agricola, detto CAA, e rende le sue dichiarazioni, si forma un fascicolo aziendale e, per via telematica, viene spedito ad AGEA che è la agenzia che fa i pagamenti per conto della Unione Europea, dello Stato Italiano e della Regione Autonoma della Sardegna. AGEA verifica la corrispondenza dei dati della pratica ,che ci siano le condizioni di soggetto di impresa e se tutto è a posto, paga. Se ci sono dati che non corrispondono ,definisce queste pratiche in anomalia e notifica ai CAA la decisione negativa. Se riguarda pagamenti della Regione ne informa ARGEA che è l'Ente Istruttore delle pratiche a valere sui fondi regionali. Sui fondi Comunitari la Regione non ha nessuna interlocuzione; perchè i rapporti si instaurano tra i CAA e AGEA. A questo punto i CAA, se lo ritengono, fanno ad AGEA domanda di revisione della decisione. In ordine alle pratiche non pagate e per le quali AGEA chiede il totale o parziale rimborso delle quali si parla questi giorni le cose vanno in questa maniera. 

L'anno scorso alcuni consiglieri regionali e una importante organizzazione professionale hanno lanciato l'allarme sul fatto che le pratiche anomale si sarebbero aggirate su numeri di alcune migliaia e che il danno che sarebbe derivato sarebbe stato di oltre duecento milioni o forse più. E, pur essendo consapevoli, perchè sono del mestiere, che la Regione non ci entrava nulla, gli uni hanno depositato una "argomentata" mozione in Consiglio Regionale. Gli altri hanno attivato una buona campagna mediatica. Legittimo tutto. Agli uni e agli altri l'Assessore Falchi ha risposto dicendo che la situazione era sotto controllo e che le cifre date come danno alle aziende sarde erano assolutamente fuori scala. E diede i dati allora forniti da AGEA. E nel frattempo l'Assessore ha dato disposizione perchè i tecnici della Regione verificassero sul campo la corrispondenza dei dati delle fotografie e quelli a terra. Grazie a questa attività sono state ridotte le superfici sotto anomalia a un terzo di quelle che in quel momento venivano realmente contestate. Nel frattempo la Assessore della Agricoltura ha continuato a trattare le pratiche con AGEA coinvolgendo ARGEA e dando notizia dello stato dell'arte a tutte le organizzazioni professionali agricole nelle sedi ufficiali e in pubblico. E chiedendo notizie sulle singole pratiche a chi ne doveva avere conoscenza.

Alcuni giorni fa, su lettera della Coltivatori Diretti al Presidente della Giunta, viene convocato un incontro nel quale si pongono le questioni della vertenza che si conclude con la richiesta da parte della Giunta di un appunto sulle priorità da affrontare e risolvere.

Tale appunto non viene recapitato a nessuno e, ancora, si procede da parte dell'Assessore della Agricoltura, a un ulteriore incontro con tutte le Associazioni di categoria ,nella quale sembrava che tutto fosse stato chiarito. Subito dopo la Associazione della Coltivatori Diretti emette un comunicato di proclamazione di mobilitazione generale sulla questione delle pratiche definite anomale sul refresh, in mala ora'nd siat. Il Presidente e l'Assessore rispondono dicendo che, pur non essendo nella loro competenza, se ne erano interessati e che il numero delle pratiche ,per le quali pure si assumevano il "PATROCINIO" presso AGEA, e presso il Governo era pari a 377 su oltre 41000,per importi di 1 milione e 177 mila euro per i tre  anni (2011,2012,2013) su oltre 480 milioni mandati in pagamento. E per pratiche riferite alle annate agrarie 2011,2012, e 2013.

Ciò nonostante sul blog del Partito dei Sardi esce un articolo a firma del segretario particolare dell'Assessore Maninchedda che riprende la tiritera e richiama le sue profezie di sciagura false allora e ancor più false adesso. Ancor prima, durante la campagna elettorale et oltre l'Assessore Maninchedda che ha fatto voto di non litigare con Gesuino Muledda, qualsiasi cosa dica o faccia(tanto matto è e matto resta; ma Muledda non ci litiga comunque) va per le campagne a dire che se fosse lui l'Assessore della Agricoltura darebbe A GRATIS alla TRE A di Arborea le terre di Società Bonifiche Sarde , et oltre non vado. Va in vari luoghi e dice che, sempre se fosse lui l'Assessore della Agricoltura, darebbe l'acqua gratis ai contadini e che bisogna prendere le pecore delle pianure e portale in collina ,"dove devono stare". E vaglielo a dire ai DESULESI e FONNESI dei Campidani o agli ORUNESI della Nurra! E nel frattempo fa emettere ruoli e ordini di pagamento per centinaia di milioni di euro da ABBANOA che, invece, sta sotto il suo diretto controllo. Con la disperazione dei poveri, e lo sconcerto di chi, avendo sentito che tutto era stato sistemato in pochi giorni dal suo insediamento, scopre, che ABBANOA, vera idrovora dei soldi pubblici e dei contribuenti, è ancora alla disperata ricerca dell'ultimo centesimo tra le ragnatele delle tasche delle spiantate famiglie di Sardegna. Mantenendo sempre al loro posto il vecchio management. Ai tifosi di Elisabetta Falchi Assessore voglio dire solo una cosa: ogni volta che qualche alto dirigente ministeriale o un qualche Assessore o dirigente delle altre Regioni incontrano un sardo, minimamente interessato a questioni agricole, non fanno altro che tesserne elogi per capacità, per impegno, per presenza e per la determinazione a risolvere in problemi della agricoltura sarda. Ve lo dicevo io che sarebbe stata migliore del povero Muledda. Mi dico, da me stesso: ma perchè non dai una risposta a Oscar Cherchi che minaccia di marciare nelle pubbliche manifestazioni contro l'Assessore suo successore. Mi sono detto: perchè infierire sui vedovi.

 

Ja li bastat su chi li sunt chircande.

 

 

 

 

 

 

Piccolo Glossario per chi non sa di cose di campagna e affini.

19 giugno 2015 – Rossomori

 

 

 

Glossario:

Agricoltura: coltivazione e uso della terra da parte di uomini e donne che faticano per produrre alimenti e materiali non commestibili. Attualmente per la normativa comunitaria sono da preferire gli agricoltori attivi in termini professionali. Sono soggetti che hanno diritto, sulla base dei Regolamenti Comunitari a sostegno pubblico finalizzato a produrre o a mantenere in salute l’Ambiente. Lavorano molto. Incerto e, molto spesso scarso il profitto.

 

Agroalimentare: comparto che mette insieme i produttori della terra e i trasformatori di queste materie prime. Questi ultimi prevalgono, per sicurezza e accumulazione di redditi, sui primi. Il rapporto tra questi soggetti dovrebbe essere regolato da patti interprofessionali di reciproca garanzia; garanzia del prodotto contro la garanzia del prezzo. In Sardegna, tranne che per il pomodoro da industria, non è stato finora messo in pratica. I trasformatori sono distinti tra Cooperative che associano produttori e soggetti industriali che acquistano il prodotto da trasformare. Le associazioni di prodotto mettono insieme le filiere e sono capaci di individuare e stare sui mercati.

 

Associazioni di categoria: Sono i sindacati dei produttori che si associano su base volontaria. In Sardegna sono la Coltivatori Diretti e AgrInsieme, sigla che raccoglie in un progetto unificante Confederazione Italiana Agricoltori, Confagricoltura, Lega delle Cooperative, Confcooperative, Associazione generale delle Cooperative e, prossimo membro, Co.Pa .Agri. Le due associazioni si contendono il primato dei numeri. La seconda ha sicuramente numeri molto più importanti per la rappresentanza dell’agroalimentare. La prima più numeri nella rappresentanza dei produttori di base.

 

CAA (centri assistenza agricoltura): Sono centri di servizio, emanazione delle organizzazioni professionali agricole o di privati professionisti, per quote assolutamente minimali. I CAA svolgono attività di assistenza nei rapporti con i pubblici servizi come i CAF. Inoltre, ed è la loro attività principale, per rapporto di convenzione retribuito, ricevono e istruiscono e inviano telematicamente i fascicoli aziendali alle Agenzie pubbliche per la verifica e la liquidazione dei contributi e premi comunitari, statali e regionali. Qualora le agenzie di pagamento riscontrino anomalie nelle pratiche segnalano ai CAA ,sempre telematicamente, tali anomalie. A questo punto Il CAA interessato, se ritiene, fa istanza di revisione della decisione alla agenzia pagatrice. Per il pagamento del cosiddetto premio unico nel caso specifico di AGEA, agenzia statale ed europea dei pagamenti, il rapporto sta tutto tra il CAA interessato e la stessa Agenzia e la Regione non ha alcuna possibilità di intervento . Ed è il caso delle cosiddette pratiche non pagate perché in anomalia. Per le quali la Regione, se non lo segnalano e documentano i CAA delle organizzazioni professionali, non conosce né la esistenza né la relativa qualità della anomalia. Che, talvolta, si viene a conoscere solo per sporadiche inchieste giudiziarie. Per le pratiche non pagate di cui attualmente si parla parrebbe che non siano state avanzate le istanze di revisione.

 

Super CAA: È una ipotesi di organizzazione diversa dei CAA ai quali, a valere sui fondi del PSR, la Regione, secondo i proponenti, dovrebbe destinare qualche decina di milioni al fine di garantire il pagamento della attività di consulenza verso le aziende dei soci aderenti. Non si capisce se con nuove assunzioni esterne alla Amministrazione Pubblica o con l’utilizzo dei pubblici dipendenti già in servizio, dai proponenti definiti sempre pletorici e sottoutilizzati.

 

Agenzie Pubbliche di intervento in Agricoltura in Sardegna: due sono agenzie di pagamento. La sopracitata AGEA, che opera i pagamenti dei fondi comunitari o di fondi per i quali lo stato o la regione la delegano. 

 

ARGEA: è la agenzia di pagamento regionale che emette i bandi per i benefici, istruisce le pratiche che pervengono, e, quando previsto, ne trasmette il fascicolo o gli elenchi per la liquidazione ad AGEA. L’ultima molto importante performance è stata la istruttoria e la liquidazione, nell’esercizio 2014, di oltre duecento milioni di euro, garantendo la non restituzione di fondi europei che si riferiscono al settennio 2007/2014. Nel caso di finanziamenti regionali ARGEA istruisce e liquida le pratiche delle aziende agricole.

 

LAORE: è l’ agenzia che presta l’opera di assistenza tecnica in senso molto vasto, anche nella presenza sui mercati in favore delle produzioni agroalimentari. È organizzata attraverso i Servizi territoriali. Fornisce anche assistenza nella formazione e informazione degli agricoltori e pastori.

 

AGRIS: è l’agenzia che organizza e realizza la ricerca sperimentale e applicata in favore dei vari comparti dell’ agroalimentare. Gestisce importanti aziende, alcune in via di dismissione.

 

Associazione regionale Allevatori (ARA): Non è agenzia pubblica, ma da oltre trenta anni gestisce il più importante laboratorio di analisi dei prodotti animali, soprattutto per la qualità del latte. E’ presente capillarmente nelle campagne con esperti agronomi nutrizionisti e veterinari. Se ne aspetta l’inquadramento negli organici pubblici di Laore.

 

Associazione provinciale allevatori (APA): è struttura periferica della Associazione Italiana Allevatori ,opera i controlli funzionali per garantire la genetica animale e la gestione dei libri genealogici delle varie specie animali. I libri genealogici sono, purtroppo, gestiti fuori della Sardegna. Ricevono importanti contribuzioni regionali per la attività di istituto. In un progetto di riforma sarebbe utile che diventassero parte della organizzazione di intervento pubblico in agricoltura sardo.

 

Utenze motori agricoli (UMA): è la procedura di attribuzione del gasolio agevolato ,sulla base di codici definiti dal Governo, per le colture e le misure corrispettive di sconto sul prezzo dei carburanti destinati alle macchine agricole. A fronte della comunicazione dei codici governativi la Regione li trasmette al sistema informatico regionale che li rende esecutivi. Attualmente non risultano difficoltà o criticità apprezzabili.

 

Refresh: è la procedura di verifica con aerofotogrammetria dello stato dei suoli in ordine alla corrispondenza delle colture indicate nel fascicolo unico aziendale e lo stato dei suoli. Tale pratica è gestita, su decisione dell’Unione Europea, dalla agenzia AGEA al fine di controllare la congruità dei premi pagati alle singole aziende. Per quanto riguarda la Sardegna si sono verificati problemi in quanto è in atto una espansione del l’area boscata e quindi se ne deduce una riduzione della superficie destinata a pascolo. Sulla base della specificità delle forme di pascolo brado delle nostre greggi di montagna l’Assessore Falchi ha ottenuto il riconoscimento di questa specificità nel nuovo decreto, attraverso il quale sono stati evitati travolgimenti di aziende in ordine ai pagamenti dei premi comunitari. Le pratiche relative alla applicazione del refresh sono avviate ad AGEA dai CAA e il rapporto si definisce tra AGEA e CAA anche in caso di contenzioso per anomalie eventuali. E la Regione non ha potere di intervento se non per il patronato generale degli interessi della categoria. Come è stato fatto come sopraddetto. E’ possibile e probabile che tra le cosiddette pratiche non pagate ci siano pratiche colpite da anomalia per gli anni 2011, 2012, 2013. Credo che l’Assessorato della Agricoltura stia aspettando che i CAA interessati trasmettano i numeri e i fascicoli, per poter dare corso a un eventuale intervento presso AGEA e presso il ministro. 

 

Assessore della Agricoltura: è una signora che fin da giovane età conduce una azienda agricola, ha esercitato la libera professione, ha diretto organizzazioni professionali agricole. Ha deciso di impegnarsi nell’Assessorato della Agricoltura su richiesta del Presidente Pigliaru e su segnalazione di RossoMori. Ha ripreso i contatti, prima inesistenti con Roma e con Brusselles. Ha ottenuto importanti risultati sia finanziari che di tutela per i produttori sardi. Ha ridato dignità e rispetto per la regione Autonoma della Sardegna presso tutte le istituzioni delle altre Regioni e presso le Agenzie statali e presso il Governo della Repubblica. Ha riattivato il confronto stretto con le rappresentanze delle categorie e la presenza nei territori. 

 

Ma c’è gente che non vuole che Elisabetta Falchi faccia l’Assessore della Agricoltura. Non sono gli agricoltori e i pastori. Sono rappresentanti di interessi personali e di gruppi, che aspirano a gestire in modi opachi e in aree grigie, in epoca di ristrettezza di risorse, i fondi comunitari a fine di potere clientelare; ritenendo che si possa tornare a pratiche del recente passato. Ritenendo, anche, che la destabilizzazione degli apparati e dei nuovi dirigenti, ai quali va il merito di aver lavorato insieme e lealmente per la nuova politica regionale, possa portare a vuoti di potere da occupare per creare reti di condizionamento dei rapporti nelle campagne e nell’agroalimentare.

 

Solo per dare un piccolo contributo alla comprensione dei fatti degli ultimi giorni. Quelli che si intrecciano tra momenti istituzionali e, forse, non ben meditate azioni di parte. 

 

Ridare e difendere la dignità delle Istituzioni è compito primario di chi le Istituzioni, a qualsiasi titolo, rappresenta.

 

 

 

 

 

 

 

Delusioni e speranze

22 giugno 2015 – Gesuino Muledda

 

 

 

Molti compagni e non pochi amici mi hanno chiesto che cosa ne penso della convocazione della coalizione dei partiti di centrosinistra e sovranisti che governa la Regione. Ho risposto che Rossomori è tra quelli che l’hanno sollecitata. E che, purtroppo, ne sono convocate troppo poche. 

 

Parlo di coalizione come soggetto collettivo autonomo costituito dalle rappresentanze dei partiti nella loro autonoma espressione rispetto a chi sta nelle istituzioni. E non nel senso di una contrapposizione ma di un’autonomia dei due diversi momenti. Intendo dire che non possono, i partiti e i movimenti, prevaricare nell’azione di governo; come il governo non può disconoscere il ruolo dei partiti come luogo di elaborazione, di discussione e di democratica ricerca del consenso intorno a programmi e progetti, dei quali assumono responsabilità e paternità. Perché, occorre ricordarlo, i partiti non possono essere solo utilizzati come veicolo per le candidature, lasciando il tempo tra una tornata elettorale e l’altra alla esclusiva dinamica dei rapporti tra eletti e nominati nelle istituzioni. E anche solo per ricordare che la pervasività dei partiti e l’occupazione dei poteri dello Stato fu individuata da Enrico Berlinguer come la essenza vera e profonda della QUESTIONE MORALE.

 

Ma anche per ricordare che il governo senza controllo democratico non è quanto ci si attende, ordinariamente, nella democrazia della partecipazione. E il controllo democratico non può essere solo quello che esercitano gli organismi consiliari e parlamentari; ma anche quello che esercitano, fuori del mondo delle cooptazioni e delle consociazioni, i partiti e i corpi sociali in tutte le loro articolazioni. E la libera informazione.

 

Lo dico, anche, come parte della riflessione sul risultato elettorale della ultima tornata delle amministrative.

 

E su questo siamo solo all’inizio di una riflessione che dobbiamo assolutamente portare avanti, senza infingimenti e con assunzione delle responsabilità che a ciascuno competono. E a questo valgono le riunioni della coalizione, oltre che per valutare quanto di progetti e di programmi siano stati elaborati, attuati; o quanto, con assunzione di responsabilità, vi sia da correggere e reimpostare. Senza che nessuno si debba adontare o risentire.

 

Stabilire che i segretari di partito si incontrino con buona frequenza mi pare un ottimo risultato.

 

E ancor miglior risultato sarebbe se, in autonomia e con buona frequenza, il Presidente della Giunta convocasse anche lui le riunioni della coalizione e della maggioranza consiliare. L’una non sostituisce l’altra. E viceversa. Non sto a richiamare i motivi di dottrina e di esperienza che sconsigliano dal coltivare la separatezza dei rapporti tra consiglieri e organi di partito.

 

E parlo di organi di partito non della rappresentanza delle articolazioni interne degli stessi. Perché tali prassi, ove coltivate, portano soltanto a momenti difficilmente definibili come democratici. E se anche in questo ormai non tanto breve tratto di legislatura alcune pratiche sono state perseguite, non pare che abbiano prodotto intorno alla maggioranza e alla Giunta quel consenso che le azioni portate avanti avrebbero meritato. O quello che ci si aspettava.

 

Ci sono questioni che attengono alle strategie, alle grandi cose, delle quali, nelle sedi proprie non si è né parlato né discusso. E ci sono questioni che attengono a fatti che condizioneranno un futuro non breve della capacità dell’Istituto e dell’Ordinamento Autonomistico delle quali i partiti, ma anche le forze sociali, non hanno avuto la dovuta informazione e per le quali si rischia di non avere il dovuto consapevole consenso.

 

Credo che bisogna dare impulso alla liberazione delle grandi energie che stanno nel largo perimetro del centrosinistra - sovranista. Delle quali energie ha bisogno la Sardegna. Per costruire sogni, ridare speranze e organizzare buona azione di governo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il Progetto e la Bandiera

24 giugno 2015 – Gesuino Muledda

 

 

Dopo qualsiasi tornata elettorale, dopo sconfitta o dopo vittoria, nella scuola da cui provengo si è fatta una obiettiva e severa analisi del voto. E, ultimamente mi sono dovuto confrontare con realtà che, pur non provenendo da quella scuola tengono ancora in piedi la prassi della analisi del voto. Che vincano o che perdano. O più semplicemente non si raggiungano gli obiettivi che si erano proposti prima della campagna elettorale. Per non parlare di Sardegna, mi riferisco ai partiti Indipendentisti di sinistra di Catalogna o dei Paesi Baschi. 

 

Si erano dati per le elezioni amministrative l’obiettivo di superare il 50% di voti per lo schieramento non centralista e di dimostrare che l’indipendenza di Catalogna poteva essere messa sul campo spagnolo ed europeo con la forza dei numeri e del consenso popolare.

 

Non hanno raggiunto l’obiettivo. Hanno confermato la loro fede nell’indipendenza. Cercano di capire il motivo di una vittoria, perché hanno vinto, ma solo ancora non definitiva.

 

Già nei congressi degli anni ottanta ERC, sinistra indipendentista di Catalogna diceva: es la hora de l’acabar con el rumblo monotematico de la indipendentzia.  E produssero un forte progetto di sviluppo e di socialità, oltre che un progetto culturale importante e condiviso.

 

Per questa campagna elettorale tale schema è stato riassunto in due parole: Bandiera e Progetto. Convinti come erano e sono che non può bastare solo la bandiera dell’indipendentismo senza un vero progetto di governo. E anche una buona qualità della politica. Ma nella comunicazione ha prevalso la bandiera a discapito del progetto e nella Città di Barcellona ha prevalso per la carica di sindaco una battagliera donna che portava avanti un programma sociale che si è sintonizzato sui bisogni della gente. E la bandiera non ha raggiunto il 51%. Questo valga per i riferimenti di analisi del partito che è stato il primo sovranista di Sardegna. Notando anche che la sinistra indipendentista ha migliorato le sue posizioni.

 

Per tornare a fare un riferimento molto veloce al luogo della sconfitta più dolorosa per il centrosinistra sovranista e cioè la Città di Nuoro.

 

Mio convincimento è che Nuoro poteva essere persa cinque anni fa o tra cinque anni.  Perché il motivo di fondo per cui a Nuoro hanno perso le forze del centro sinistra sta tutto nel fatto che questi gruppi dirigenti da un  tempo politicamente infinito non esprimono una visione e non si sono dati una mission per la città. Una città che la mia generazione ha visto crescere meticcia di inurbati dai paesi vicini mai completamente integrati. Una città che da luogo del dibattito politico per le elaborazioni e le rivendicazioni delle aree rurali è diventata luogo senza anima politica e senza un’intellettualità capace di mettere al centro questi temi e questa vocazione politica. Una città che si è ridotta a vivere prevalentemente attraversata da un sentimento identitario ancorato alla nuoresità agricola e una realtà economica quasi esclusivamente derivante dai pubblici servizi. Destinata a perire con la riduzione degli stessi qualora chi tiene borsa e potere lo decida. Persa la Banca d’Italia, persa la Provincia (andate a guardare i risultati mai analizzati del referendum abrogativo), in via di scomparsa la Camera di Commercio e poi chissà che cosa altro.

 

Senza voler per forza tornare a su connotu bisogna pure ricordare che prima che arrivasse la petrolchimica a Ottana nel Nuorese esisteva una industria legata alle materie prime del territorio e un agroalimentare che ha impiegato decenni a ricostituirsi a livello artigianale.

 

La città, oltre altre magagne tra cui certamente la immagine di una vertiginosa litigiosità interna, la proposta di candidature logorate per consunzione in battaglie tutte interne alle istituzioni, la mancanza di senso civico della partecipazione, una occupazione perfino delle bidellerìe fino all’ultima supplenza et altre cose di questo livello, non ha visto e scommesso sul centro sinistra sovranista come soggetto di possibile promotore del riscatto. Anche perché nel frattempo le politiche del Governo Renzi hanno innescato reazioni ostili in ceti da sempre vicini ed elettori del centrosinistra. E anche perché l’azione della Giunta Regionale non è stata percepita come risolutiva delle quotidiane drammatiche vicende di popolazioni massacrate dalla disoccupazione e dalla  povertà.

 

Perché il centro sinistra è stato visto come il carnefice delle speranze di quelle popolazioni e in specifico della Città di Nuoro.

 

Bisogna convincersi anche che l’occupazione del potere, quando la pancia della maggioranza soffre, non può bastare a produrre vittorie.

 

E nessuno può darsi toni da Vergine Cuccia nell’affrontare questa analisi. Né i denigratori né i sostenitori del centrosinistra. Soprattutto quelli che recano maggiori e più puntuali responsabilità.

 

Ho scritto queste brevi osservazioni, minutaglia, solo per richiamare le vicende che vedono, soprattutto a livello regionale, il tentativo troppo comodo di chi, ancora una volta spera di trarre vantaggio dalla impostazione di un dibattito manicheo tra chi ha sempre ragione e chi per forza ha sempre torto.  E magari facendo finta di ergersi ad avvocato della Giunta Regionale attacca le fondamentali cause della coesione della coalizione che la sostiene.

 

P.S. Di questioni che attengono alla lealtà dei comportamenti dei partiti che fanno parte della coalizione regionale Rossomori ha posto nelle sedi proprie le necessarie esigenze di chiarimento. Che spettano al Partito di maggioranza relativa e, per quanto di competenza, si porranno al Presidente della Giunta.

 

 

 

 

 

 

 

PSR 2014-2020, via libera da Bruxelles a 1 miliardo e 300 milioni. Falchi: ora miglioriamo l'agricoltura sarda

20 agosto 2015 – Rossomori

 

 

"Da oggi i nostri agricoltori e pastori avranno a disposizione uno strumento di programmazione che libera importanti risorse finanziarie per migliorare le produzioni e accrescere la competitività delle imprese sui mercati" ha dichiarato l'assessore Falchi.

 

Il Programma di sviluppo rurale 2014-2020 della Regione Sardegna ha ottenuto il via libera ufficiale di Bruxelles. "Da oggi i nostri agricoltori e pastori avranno a disposizione uno strumento di programmazione che libera importanti risorse finanziarie grazie alle quali si potranno migliorare le produzioni e accrescere la competitività delle imprese sui mercati; il nostro PSR ha ricevuto pieno apprezzamento da parte dei tecnici europei, con i quali ci siamo confrontati per un intero anno, che hanno riscontrato nel progetto una piena sintonia con le direttive della UE in materia di sviluppo e innovazione agricola”. Questo il primo commento dell’assessore dell’Agricoltura, Elisabetta Falchi, dopo l’approvazione giunta dalla Commissione europea. “Abbiamo migliorato e integrato la prima bozza presentata il 22 luglio dello scorso anno all’Ue – ha spiegato l’esponente della Giunta Pigliaru – un lavoro costante e puntuale, portato avanti con particolare professionalità dai nostri uffici e attraverso il confronto con le associazioni. Continueremo a perfezionare il PSR al fine di renderlo fruibile dall’intero comparto anche in futuro”. 

 

Le risorse. Un impegno finanziario che prevede un fondo di oltre un miliardo e 308 milioni di euro. L’Unione europea parteciperà allo stanziamento con il 48% delle risorse, 628 milioni e 35 mila euro di fondi Feasr (Fondo agricolo europeo per lo sviluppo rurale); lo Stato con il 36,4%, 476 milioni e 259.875 euro; la Regione Sardegna con il 15,6%, 204 milioni e 111.375 euro. 

 

Le priorità. Il PSR agirà seguendo una serie di priorità costruite all’interno delle linee guida promosse dalla Commissione europea e adattate alle realtà agricole isolane. La prima priorità promuove il trasferimento di conoscenze e l’innovazione nel settore agricolo, forestale e nelle zone rurali; la seconda punta a potenziare la redditività delle aziende e la competitività dell’agricoltura in tutte le sue forme, favorendo lo sviluppo di tecnologie innovative per le aziende e la gestione sostenibile delle foreste; la terza priorità si indirizza sull’organizzazione della filiera alimentare, comprese la trasformazione e la commercializzazione dei prodotti agricoli, il benessere animale e la gestione dei rischi nel settore agricolo; un quarto punto interviene sulla preservazione, il ripristino e la valorizzazione degli ecosistemi connessi all’agricoltura e alla silvicoltura; ci sono poi gli incentivi sull’uso efficiente delle risorse e il passaggio a un’economia a basse emissioni di carbonio e resiliente al clima nel settore agroalimentare e forestale; ultima priorità, ma non per ordine di importanza, riguarda l’impegno per favorire l’inclusione sociale, la riduzione delle povertà e lo sviluppo economico nelle zone rurali dell’isola. 

 

L’anima del nuovo PSR. “L'eccellenza dell'agroalimentare sardo legata indissolubilmente alla qualità ambientale, che trasferisce valore all'identità del prodotto favorendone l'impatto sui mercati" è il punto di forza che anima il nuovo Programma di sviluppo rurale. “Questo percorso di rafforzamento di un brand identitario – ha precisato l’assessore – ci consentirà a tutti gli effetti di emergere tra le eccellenze del made in Italy”. Un modo nuovo di approcciarsi ai mercati internazionali, dove milioni di consumatori sono disposti a spendere per avere una qualità certificata dei cibi. Attività che finora la Sardegna non è stata capace di valorizzare al punto giusto. “I nostri animali nascono e crescono all’aria aperta, nei pascoli, non chiusi in luoghi dove sono sottoposti a forte stress – ha detto Elisabetta Falchi –. Una condizione che rende le produzioni isolane uniche e inimitabili. La misura del benessere animale, ad esempio, nata per integrare le economie delle aziende ovine, dopo un decennio ha migliorato notevolmente la qualità degli allevamenti e per questo, nel nuovo PSR, abbiamo deciso di allargarla anche al comparto bovino e suino”. 

 

Linee guida flessibili. “Le precedenti programmazioni sono state dei monoliti su cui, nel corso degli anni, si è intervenuto ben poco per apportare modifiche troppe volte indispensabili – ha osservato la titolare dell’Agricoltura –. Noi abbiamo pensato invece a un PSR flessibile, snello, di facile comprensione per gli imprenditori che dovranno beneficiare dei bandi e soprattutto finalizzato allo stare al passo con i tempi e con le esigenze di chi lavora in campagna: il mondo si muove velocemente – ha proseguito Falchi – ed è necessario capire come intervenire per modificare i bandi che possono andar bene oggi ed essere desueti fra due anni”. Un cambio di rotta quindi nell’interfacciarsi con i territori, le associazioni di categoria, di produttori e gli amministratori locali che, secondo l’assessore, hanno “il diritto e il dovere di proporre suggerimenti e idee” per migliorare l'attuazione di qualunque strumento programmatorio. “Il personale delle agenzie regionali agricole farà da cerniera fra le strutture dell’assessorato e il mondo esterno – ha voluto precisare l’esponente dell’esecutivo – rafforzando la propria presenza fra agricoltori e pastori e analizzando i risultati degli interventi messi in essere con i vari bandi”. 

 

Una regione con tante agricolture. “In passato si è sempre pensato che bastasse una sola ricetta per intervenire bene sul comparto – ha ricordato Falchi –, la Sardegna è invece un continente agricolo con storie e tradizioni molto diverse dal nord al sud dell’Isola, dalle pianure alle colline, dai campi serviti dalle irrigazioni a quelli in asciutto. Non si può ragionare allo stesso modo per il Campidano, la Gallura, il Sulcis o la Barbagia, e non si deve fare più l’errore di pensare che agricoltori e pastori della regione abbiano le stesse esigenze. Creare ricette specifiche per territori – ha aggiunto l’assessore – è al contrario il nostro modo di ridisegnare gli interventi per un’agricoltura del futuro, con un nuovo rapporto da instaurare fra i palazzi della Regione e il mondo delle campagne”. Una rivoluzione di metodo già ai nastri di partenza dai prossimi mesi con la pubblicazione dei primi bandi che, in via sperimentale, saranno gestiti a sportello, eliminando così tempi di attesa biblici fra la presentazione delle domande, i via libera degli uffici competenti, le graduatorie e l’erogazione dei contributi. 

 

Ricambio generazionale e aggregazione. La Regione Sardegna favorirà inoltre il ricambio generazionale nelle aziende sostenendo i giovani, sotto i 40 anni, che intendono insediarsi in agricoltura a titolo di conduttori dell’impresa stessa. Sono 50 i milioni di euro stanziati fino al 2020 e saranno elargiti sulla base di due tipologie di progetti. Il primo prevede che il giovane presenti un business plan con una serie di obiettivi e di investimenti da raggiungere ed effettuare entro i cinque anni dall’insediamento: 35mila euro saranno quindi finanziati subito e altri 15mila al completamento del progetto. Nel secondo caso, in assenza di un piano d'investimenti, saranno finanziati solo i 35mila euro. Anche l’aggregazione fra produttori e trasformatori sarà fortemente sostenuta dal PSR. “Per consolidarsi nei mercati classici o ancor meglio aprire nuove spazi in quelli emergenti – ha concluso Elisabetta Falchi – è necessario consorziarsi, unire le nostre eccellenze agroalimentari e lavorare sui grandi numeri. È impensabile proporsi ai consumatori cinesi o nord americani senza un progetto unitario, ognuno per conto proprio e con quantità di prodotti offerti inadeguate. In questi anni abbiamo imparato la lezione, ora dobbiamo cambiare rotta tutti insieme: politica e imprese agricole”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Buona scuola, un colpo alle minoranze linguistiche

30 agosto 2015 – Felice Besostri

 

 

Non è stato facile dare attua­zione all’articolo 6 della Costituzione, quello che dice «La Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche».

 

Fino all’entrata in vigore della legge 482 del 1999, non vi erano apposite norme nazionali che tutelassero effettivamente le minoranze, tuttavia alcune di queste conquistarono, all’ombra dei trattati internazionali, una tutela rafforzata addirittura di livello costituzionale, perché gli statuti delle regioni e province autonome sono approvati con legge costituzionale.

Le norme nazionali ed europee non tutelano le lingue, ma le persone che parlano una lingua minoritaria, anzi che parlano una lingua minoritaria in un territorio connotato dalla presenza di per­sone che la parlano: una tutela territoriale. Per essere coerenti la tutela richiede interventi plurisettoriali che spaziano dalla tutela del territorio sia ambientale che idrogeologica, di sviluppo economico mirato alla valorizzazione dei beni materiali e immateriali tipici delle popolazioni minoritarie e, su tutte, lo sviluppo della conoscenza della lingua. Ebbene nella legge sulla buona scuola niente di tutto questo è assicurato. Nessun meccanismo prevede il mantenimento dei precari bilingui nel loro territorio, benché una scuola con una forte presenza della lingua minoritaria sia uno degli obiettivi delle norme nazionali ed europee.

Le azioni cosiddette di discriminazione positiva rappresentano un principio acquisito, vale a dire che la tutela delle minoranze non costituisce violazione del principio di uguaglianza. Orbene succederà invece che i precari appartenenti ad una minoranza linguistica, anche se coinvolti in programmi regionali di sportelli linguistici o di insegnamento nella lingua minoritaria, saranno trasferiti in regioni senza presenza minoritaria. E parimenti accadrà che in territori caratterizzati da una presenza di lingue minoritaria saranno assegnate cattedre a bravissimi insegnati, ma assolutamente digiuni di conoscenze linguistiche e culturali nella lingua minoritaria.

Alla fine i docenti minoritari saranno sradicati dalla loro comunità e le loro comunità private di elementi qualificati per il mantenimento della lingua.

Un tassello che si aggiunge alla progressiva scomparsa politica di rappresentanti delle lingue minoritarie nelle istituzioni pubbliche, con la solita eccezione della Val d’Aosta e della pro­vin­cia autonoma di Bolzano. I comuni sono raggruppati a forza in Friuli e Venezia Giulia, con annullamento della minoranza slovena e con il mancato sviluppo dell’identità friulana.

L’abolizione della democrazia elettiva diretta nelle province ha comportato l’abolizione di collegi caratterizzati da una presenza linguistica minoritaria, già compromessa a livello comunale da leggi elettorali maggioritarie e dalla diminuzione del numero dei consiglieri e infine dall’abolizione delle Comunità Montane.

Nelle elezioni politiche future, con la nuove legge elettorale della camera cosiddetta Italicum, gli esponenti delle minoranze linguistiche potranno aspirare all’elezione solo se un partito nazionale dovesse sceglierli come capolista in collegi dove la loro presenza è consistente.

Le minoranze filo-governative si sono messe in sicurezza perché in Val d’Aosta e in Trentino Alto Adige-Sudtirolo i collegi uninominali offrono garanzie, mentre in Friuli Venezia Giulia i candidati triestini, che rappresentano il 18% della popolazione avranno il 40% della rappresentanza regionale nella camera dei deputati. La Sardegna, dove esiste la maggiore minoranza linguistica tutelata dalle legge numero 482 del 1999, non ha norme speciali nemmeno per il parlamento europeo, tanto che presto dovrà occuparsene la Corte costituzionale su rinvio del tribunale di Cagliari.

La tutela delle minoranze è uno dei diritti fondamentali dell’Unione europea e uno dei suoi principi fondativi: «L’Unione si fonda sui valori del rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze» (articolo 2 del trattato sull’Unione europea). L’Italia ed il suo governo li stanno violando. Anche con la legge sulla buona scuola.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Comunicato del Consigliere Regionale Rossomori Emilio Usula Nuoro 28.08 2015

02 settembre 2015 – Loredana Poddie

 

 

Dopo anni di gestione della Sanità lasciata a improvvisazione, a manovre estemporanee, di poca trasparenza, spesso terreno e oggetto di manovre clientelari, si intravede uno sforzo serio e fattivo per portare ordine, nel governo della Sanità Sarda. Criteri di appropriatezza, efficienza e razionalizzazione dell’uso delle risorse, rappresentano un’ottima base di partenza. Con questa premessa, il Consigliere Regionale di Rossomori Emilio Usula valuta la proposta di “Riorganizzazione della Rete Ospedaliera”, esitata di recente dalla Giunta Regionale.

 

Positiva l’apertura al confronto con operatori e rappresentanti dei cittadini e dei territori, con un congruo tempo a disposizione per valutazioni di merito, osservazioni, correttivi e eventuali proposte migliorative. Da Consigliere Regionale eletto nel Nuorese, di recente entrato a far parte della VI commissione permanente (Commissione Sanità), con alle spalle ben 34 anni di lavoro nell’Ospedale di Nuoro, alcune osservazioni risultano peraltro immediatamente doverose. Osservazioni che derivano da numerosi momenti di confronto con Cittadini, dirigenti medici, personale infermieristico, rappresentanti sindacali e amministratori locali. In primo luogo lascia non poche perplessità e crea una diffusa preoccupazione l’idea di classificare come DEA di 1° livello e non di 2° livello l’Ospedale di Nuoro. Senza scivolare nell’autoreferenzialità, è nei fatti, nei numeri, nelle dimensioni del bacino di utenza, nella sua collocazione geografica, nell’orografia del suo territorio e delle zone interne, di cui è storicamente e naturalmente principale punto di riferimento, che Nuoro merita legittimamente il ruolo di 3° polo sanitario con pari dignità, rispetto e relative risorse dei poli di Cagliari e Sassari. Sviluppo e crescita di specialità e professionalità, di eccellenze mediche e del comparto, hanno dato a Nuoro negli anni un ruolo che ora gli compete e che non può essere in alcun modo disconosciuto e ancor meno depotenziato. Solo alcune scelte scellerate della precedente Amministrazione Regionale con i vari commissari e direttori generali succedutisi, hanno determinato un calo della capacità e del livello quali - quantitativo per alcune delle prestazioni dell’ospedale di Nuoro. Segni di criticità cui peraltro si può portare rimedio con scelte immediate, coerenti e trasparenti. La piena consapevolezza della realtà sanitaria del nuorese e del suo Ospedale, permette di ribadire con forza che nell’ipotizzato modello “hub e spoke”, l’ospedale di Nuoro merita e deve mantenere il ruolo di Hub. Livello di Hub o di 2° grado, che gli compete in quanto punto di riferimento per tutto il Centro Sardegna che coinvolge anche bassa Gallura, parte dell’Ogliastra, alto Oristanese, e Goceano con una “utenza reale” che si stima intorno ai 300.000 cittadini. Trasformare in Spoke l’ospedale di Nuoro significa mortificare e disperdere grandi competenze professionali e dare a un territorio, già in grave sofferenza per un diffuso arretramento dello Stato, un altro colpo mortale, capace di inibire definitivamente qualsiasi tentativo di crescita e di sviluppo delle zone interne . Entrando nello specifico anche dei dati riportati nella proposta della Giunta, si sottolinea che Nuoro con 442 posti letto ha una dotazione inferiore ai parametri di riferimento nazionali (2,78 contro i previsti 3,7 x mille abitanti) , e solo a titolo di riferimento Cagliari ha una dotazione di 4,64 x mille; Si aggiunga che i dati sul tasso di ospedalizzazione certificano per Nuoro una posizione virtuosa nella capacità di utilizzo e ricorso all’ospedalizzazione con 158 x 1000 contro i 172x 1000 di Cagliari. Sono Dati riportati a titolo esemplificativo senza spirito polemico o di guerra di campanile che rappresentano in se, i presupposti per pretendere una premialità e un ulteriore potenziamento della Sanità Nuorese. A Nuoro sono presenti specialità e alte professionalità come la Neurochirurgia, Chirurgia Vascolare, Chirurgia Plastica, Radioterapia, Cardiologia con emodinamica interventistica H24, Chirurgia generale e Urologia laparoscopica e robotica, Pronto Soccorso con OBI, Endoscopia digestiva H24, Neurologia con Stroke Unit di 2° livello ( spesso e volentieri nel ruolo di centro di riferimento per tutto il Nord Sardegna compresa Sassari) e infine Terapia intensiva Neonatale. Sono caratteristiche che rendono Nuoro pienamente titolato a DEA di 2° livello che merita il giusto riconoscimento e di conseguenza le adeguate risorse anche per lo sviluppo futuro delle potenzialità strutturali e professionali esistenti. Si sottolinea infine che a Nuoro non esiste offerta di degenza nella sanità privata e anche per tale motivo non sono comprensibili scelte riduttive per per alcune specialità a favore di creazione ex novo delle stesse in realtà come Oristano o Olbia . Con queste considerazioni preliminari, che sicuramente lasciano spazio a ulteriori approfondimenti, Emilio Usula e Rossomori di Nuoro fanno un appello a tutte le forze politiche, alle istituzioni alla stessa giunta Regionale e all’Assessore Arru, a tutti i rappresentanti del territorio per un’azione sinergica a tutela e difesa del ruolo dell’Ospedale e della Sanità Nuorese.

 

 

 

 

 

 

 

 

Legge di stabilità 2016: Italia più forte, più semplice, più giusta e più orgogliosa. E’ questa l’Italia reale?

18 ottobre 2015 – Gesuino Muledda

 

 

La Legge di Stabilità 2016 è stata presentata con enfasi eccessiva rispetto ai contenuti. Nel complesso non è né di crescita né di riequilibrio. E’ uno spezzatino che cerca di dare un contentino a quanti più possibile rosicchiando qualche decimale a Bruxelles.

 

E’ un documento che non stimola l’economia, perchè le azioni proposte sono molto frazionate e, pertanto, incidono poco sul sistema; d’altro canto, i contributi spot non contribuisco o a ridurre i divari territoriali né, tantomeno, la diffusione della povertà: per quanto riguarda i primi gli interventi sono inadeguati e per i secondi - di dimensioni modeste in ogni caso- poichè sono stati fatti “a debito” sono una tassa per le prossime generazioni. Il Presidente del Consiglio si è vantato del fatto che gli interventi sono stati fatti senza “aumentare le tasse”! Ma l’esenzione dell’imposizione sulla prima casa, finanziata con indebitamento (su cui graveranno interessi) che viene passato ai nostri figli e nipoti, che cosa è se non una tassa? E i contributi alle famiglie finanziati in deficit?

 

Il Governo ha indicato che tra il 2014 e il 2018 il debito dell’Italia crescerà di 10,1 punti del PIL, qualcosa come 180 miliardi di Euro. Il DEF 2014 (governo Letta) prevedeva per lo stesso periodo un deficit di PIL di 5,3 punti, quasi la metà. Avrebbe fatto meglio Enrico Letta? Non lo sapremo mai. I risultati di questo indebitamento? Finora modesti, forse anche modestissimi, se si considera l’immissione di liquidità da parte della BCE, la svalutazione dell’Euro e la caduta del prezzo del petrolio che hanno facilitato l’uscita del PIL dal segno meno. Di questo il Presidente del consiglio non parla.

 

Dei quattro slogans che hanno animato l’illustrazione della Legge di Stabilità 2016 da parte del Premier, due mi sembrano fuori luogo: l’Italia è più Giusta e più Forte; uno mi sembra eccessivo: più Semplice (vedi i dati sulla competitività dell’Italia in campo internazionale). Il quarto, più Orgogliosa, è una percezione personale che non trova riscontro nei fatti. Se poi l’aumento delle transazioni in contante viene spacciato per “semplificazione”, bisognerebbe spiegare al Premier che cosa siano evasione, riciclaggio etc).

 

Mi sono permesso di inviare all’attenzione del Presidente del consiglio 3 documenti aggiornati per aiutarlo a capire dove ci collocano gli altri. Il primo è dell’Organizzazione Mondiale del Lavoro (ILO) relativo alla disoccupazione giovanile in Europa (l’Italia e’ al 24° posto su 28 paesi dell’Unione); il secondo è della Banca Mondiale (Doing Business 2015) in cui si misura la “attrattività” di un paese ad investitori esteri: l’Italia si trova al 56° posto su 186 paesi; il terzo è dell’World Economic Forum (Global Competitivity Report 2014-2015) che colloca l’Italia al 49° posto fra 149 paesi per quanto riguarda la capacità competitiva internazionale .Il documento fa presente che per quanto riguarda gli “stimolatori dell’efficienza”, ad esempio, “ lo sviluppo del mercato finanziario”, siamo al 119° posto e per quanto riguarda l’”ambiente macroeconomico” veniamo collocati al 108° posto. Mi auguro che qualche collaboratore del Premier abbia il coraggio di riassumere i contenuti dei documenti per aiutarlo a pesare le parole che spesso vengono seguite anche da analisti esteri. Capisco l’importanza dell’ottimismo nella comunicazione, meno la smania di sollecitarlo in qualsiasi occasione. Mi infastidisce il tifo di stadio e lo sguaiato comportamento di risultati che, se valutati con imparzialità, sono al massimo un pareggio che ci consente di tenere, oggi, la testa appena fuor d’acqua.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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