Confesso preferisco i paesi a Paci
- Paolo Mureddu
- 24 ott 2016
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Oggi si vota il nuovo Consiglio Metropolitano dell’area urbana della città di Cagliari. Domani si saprà a chi è affidata la programmazione ed il governo e quali forze politiche avranno onere e onori. Questo fatto mi ha fatto tornare in mente i dibattiti che i circoli culturali dei paesi dell’interno animarono con il coinvolgimento delle popolazioni. Il dibattito su quei paesi in spopolamento e area metropolitana si colloca all’interno di una contrapposizione radicale tra campagna e città che , in Sardegna, è culturalmente sbilanciata a favore del primo polo. Intendo dire che la scelta del paese - la campagna - come sede meno svantaggiosa della convivenza umana e civile piuttosto che della città, ha dalla sua parte una fondamentale ragione culturale di natura identitaria ed etnica. La cultura identitaria sarda, quella delle radici più profonde, che piaccia o meno, è quella dei paesi ed è , perciò una cultura “ nettamente anti urbana e anti metropolitana”. Una cultura d’impronta anticlassista e sede di moti liberatori. Ieri anticlassista , oggi antimoderna. Anticlassista e antimoderna perché si oppone alla cultura che nella città concentra il potere politico culturale economico e i suoi molteplici servizi. Perché la città è sempre stata principalmente la sede del potere, o delle sue diramazioni periferiche. Che la città possa essere anche altro è ovviò, che dei suoi servizi possano usufruire , stavo per dire casualmente , anche larghe fasce di popolazione è ugualmente palese, ma ciò non muta la natura della città. La carica anti urbana della nostra cultura era e resta fondata sulla idea della parcellazione massima del potere , politico culturale ed economico, sulla sua distribuzione tra tutte le comunità e sulla convinzione, tutt’altro che infondata, che la edificazione della città in mezzo a decine o centinaia di paesi avrebbe inevitabilmente sbilanciato il potere a suo favore. O forse non è cosi? Forse che il sindaco di Armungia ha gli stessi poteri reali del sindaco di Cagliari- metropolitana? Mi si dirà che sto ripescando una cultura “ arcaica” ( Muledda la definisce “ una arcaicità moderna”) e che sono in vena di nostalgie per i piccoli paesi. Chissà. La cultura del potere concentrato nelle città è forse fresco di giornata? Si potrà anche obbiettare che la cultura anti urbana, la cultura del villaggio-paese, non ha prodotto civiltà, che è sterile, chiusa in se stessa .E’ vero e anche falso. E’ vero nel senso che la città ha impedito ai paesi la loro crescita culturale imponendo con ogni sorta di violenza , i modi degradati e immiseriti al punto da rendere desiderabile la più squallida periferia cittadina. Ai paesi è stato impedito di elaborare un modello di sviluppo e di vita diverso da quello urbano. E’ falso perché la cultura dei villaggi-paese ha prodotto, fino a quando non è stata strangolata dal “ genocidio” compiuto dai diversi assessori alla programmazione della Regione Sardegna di ieri e di oggi (assessore attuale Paci.) Resta da dire che gli abitanti dei villaggi – paesi non conoscevano gli sviluppi terribili della storia urbana - città metropolitana. E non immaginavano che metropoli diventa parassitopoli, la città delle tangenti e della corruzione, e passando per patopoli, la città delle nevrosi e dei veleni, arriva a necropoli la città della vita senza scopo e senza valore. E ‘questo il destino che vogliamo accelerare con l’area metropolitana, nonostante si dica che Cagliari-metropolitana è già diventata nella sua interezza tra le più sofferenti d’Italia. O non ci converrà ascoltare la cultura del villaggio-paese e imprimere alla nostra esistenza un salutare “ moto liberatorio” che ci raggiunge nelle vesti di una splendida utopia.
Confesso preferisco Gavoi.
Paolo Mureddu