Tre motivazioni giuridiche per dire NO alla riforma costituzionale
- Carlo Serra
- 3 nov 2016
- Tempo di lettura: 3 min

Rispondo ad un post su Facebook di un caro amico che, con una certa classe, da del ballista a chi oggi si schiera per la difesa di costituzione e autonomia.
Le nostre motivazioni non convincono la persona, che oltre ad essere un amico è anche nella segreteria cittadina del PD, partito che notoriamente sta lasciando una grande libertà di scelta sul referendum, niente meno in Sardegna, dove c’è un garante mandato da Roma che sembra più occupato a tenere le fila sulla riforma che ad organizzare il partito. Ma magari mi sbaglio.
Si motivano le balle del comitato sulla base di un articolo del prof. De Martin che apre la parte sulle autonomie dicendo “ la riforma appare il frutto di un preoccupante disorientamento culturale rispetto al principio autonomistico, con gravi incoerenze e una sostanziale rinuncia a dare finalmente organica attuazione alle previsioni costituzionali sul versante degli enti territoriali”. Si commenta da solo.
Mentre sulle differenze post riforma tra specialità e regioni ordinarie l’articolo di De Martin evidenzia una differenza in termini più che altro di capacità di spesa. E allora bisognerebbe approfondire questo aspetto e magari porsi il dubbio: ma non è che la differenza viene attenuata lasciando l’autonomia sulla carta e chiudendo i rubinetti dall’altra? Prendiamo la vertenza entrate: vengono riconosciuti una parte dei debiti pregressi dello Stato, e tutti a dire bene si avranno più soldi da spendere. Poi però cosa succede? Succede che nella riforma c’è scritto bello chiaro e tondo che tutti devono rispettare i limiti imposti dal coordinamento di finanza pubblica. Il che significa che quei soldi difficilmente potrai spenderli (dopo che sono rimasti nelle casse dello stato per decenni) se il limite di spesa non lo permette.
Ma mettiamo pure che abbia ragione De Martin sull’ingiustizia di trattamento della riforma (il che è più che altro ipotizzato dal costituzionalista non provato): la domanda che mi sorge è quanto resisterebbero le specialità in uno Stato centralista dove tutti le vedono come un privilegio ingiusto?
Vogliamo altre motivazioni giuridiche? ne scrivo tre:
1)Questo è un disegno centralista che elimina il sistema regionalista del 2001; non tutti sono a favore di un sistema di governo di questo ci mancherebbe, ma per noi l’autonomia ha maggior senso in un sistema regionalista (sarebbe meglio federale). Il senso della riforma è il contrario e quando leggiamo e sentiamo esponenti di questo Governo e del PD che affermano come tutte le regioni siano superate, comprese quelle speciali (Boschi, Violante, Treu su repubblica di questi giorni), non possiamo non metterci il problema di un indirizzo politico che è contro le regioni. Il PD ha manifesti con su scritto “meno potere alle regioni” non fa molte differenze sull’argomento.
2) L’applicazione del Titolo V solo a revisione degli Statuti avvenuta tramite intesa non è una garanzia: lo strumento dell’intesa è un semplice strumento legislativo ordinario (mica un accordo su base costituzionale o un trattato, che invece è alla base dell’autonomia del Trentino e della Valle d’Aosta), per cui si tratterà di trovare accordi politici tra due parti, una statale centralista e una regionale, che si è dimostrata a favore di questo centralismo e che non mi pare brilli per coraggio.
3) La clausola di supremazia permette al Governo di legiferare su qualsiasi cosa semplicemente marchiando l’iniziativa come di “interesse nazionale”, concetto volutamente vago e mai interpretato, né dai governi né dalla Corte, per essere pronto all’uso. Di fatto stai costituzionalizzando un metodo utilizzato in questi anni per limitare il potere regionale (compreso quello delle speciali) ovvero stai dicendo che la tutela delle competenza delle regioni dipenderà dall’indirizzo di governo, che all’occorrenza può sistematicamente bloccare qualsiasi iniziativa legislativa regionale. A nulla servirebbe l’opposizione alla Corte, dato che ha quasi sempre avallato questo metodo di limitazione dei poteri regionali e che lo avvallerebbe con ancora più vigore visto che sarebbe un principio costituzionale.
Insomma, questo è un disegno centralista, che modifica la forma di governo e di stato, che elimina centri di rappresentanza democratica a favore di un accentramento delle decisioni. Ora, caro amico, tu non sei convinto ma mica spieghi le ragioni del tuo non convincimento. Non è che siccome gli altri non ti convincono allora ha ragione Renzi. Dimostraci perché non c’è niente da temere da questo riforma né ora né in futuro, perché la questione non finisce il 4 dicembre, questo è solo il preludio. Dimostralo e magari saremo noi a cambiare idea. Altrimenti prendi atto che chi si scrive le regole del gioco da solo non lo fa per sport, ma per acquisire potere. Lo dicevamo di Berlusconi, ora non vale per Renzi?