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TANTO ABBAIARE ….PO NUDDA!


Niente di più e niente di meglio avranno i Sardi dalla nascita della Agenzia delle entrate rispetto a quanto faceva l'ufficio entrate della Regione. Naturalmente fino a quando l’ufficio, per mano del più togo degli Assessori, non è stato distrutto e disperso. E le conseguenze sulla trattativa per le entrate si sono viste tutte. Risultato; oltre quattro miliardi di danni sulle entrate della Regione. I quali diventeranno cinque Miliardi e mezzo nel 2019. Il tutto come conseguenza della stupida e arrogante prepotenza di quell'ignorante del più togo Assessore Paci, con il consenso e la firma da parte di Pigliaru e il sostegno della maggioranza che appoggia e sostiene questa coalizione. Tutto quanto viene elencato nella legge istitutiva della Agenzia poteva ed era fatto dall'ufficio delle entrate con zero costi aggiuntivi. Ma alcuni si agitano per far capire che il trionfo é tale che si aspettano la prossima costruzione di adeguato arco di trionfo e lapidi commemorative in ogni paesello di Sardegna. Così come qualcuno, dimentico della propria storia, avrebbe voluto che si facesse quando la Agenzia delle entrate fu istituita da Renato Soru e dalla sua maggioranza. Così, sempre per rinfrescare la fallace memoria, si sarebbe dovuto fare quando Cappellacci e la sua maggioranza abolirono la Agenzia soriana sempre con consenso e benemerenze pretese dal sempre presente socio di maggioranza. Il quale oggi si appresta alla sfilata trionfale per un risultato totalmente fallimentare davanti alla Corte Costituzionale. La quale ha detto d’accordo con la difesa della Regione, che per quanto riguarda le bagatelle espresse in legge come auspici o semplici prese d'atto di prassi consolidate attraverso l'ufficio entrate della Regione, non c'è alcuna questione. Ha detto però che in materia di tributi erariali et altro genere di imposizioni fiscali la competenza deve stare in capo allo Stato. E che di conseguenza le procedure di accertamento e riscossione debbono stare in capo allo Stato. E che le entrate spettanti alla Regione debbono essere riversate direttamente alla Regione e non, quando mai, nella tesoreria della Agenzia regionale delle entrate. Insomma, solo Paci insiste a dire che la partita fondamentale, quella che avrebbe potuto molto parzialmente introdurre una qualche novità in senso sovranista, è marginale e insignificante. Quello era il cuore della proposta e della legge approvata. Mica andare a fare una legge per capire se una agenzia delle entrate si poteva istituire. Era stata istituita e de-istituita sempre con il consenso del sempre presente Maninchedda. Battaglia persa. Anche perché la stessa Giunta e la stessa maggioranza, contestualmente, avevano approvato un testo di norme di attuazione dell'articolo otto dello Statuto che prevedeva che il versamento della parte dovuta alla Regione sarebbe avvenuto con decreto del ministro della Economia d'intesa con la Regione. La Corte naturalmente lo rileva dando del pasticcione alla Giunta regionale e alla sua regia in materia. Ricordando che non si può modificare una norma di attuazione con legge ordinaria. Approvate, per di più, entrambe con procedura distinta ma contemporanea. Per dire però qualcosa che vada oltre questa triste esibizione di sorrisi e questi ignobili tentativi di imbroglio della pubblica opinione serve riportare la questione della finanza ai suoi termini essenziali, ai fondamentali.Si ha una finanza autonoma quando una istituzione, in questo caso la Regione Autonoma, avesse un suo potere impositivo e lo esercitasse per trarre le risorse utili e necessarie per organizzare la sua forma e per esercitare i suoi poteri di autogoverno nell'interesse dei suoi cittadini. Viceversa si ha una finanza derivata quando il potere impositivo è esercitato da altro potere esterno, in questo caso lo Stato Italiano , che lo esercita e ,su base pattizia costituzionalmente garantita, riversa verso la istituzione interessata pro quota o in toto il ricavato della riscossione di imposte o tributi. La questione della sovranità sta qui. E bisogna riflettere su questo e trovare soluzioni adeguate alla realtà costituzionale, statutaria e dei trattati europei. Finanza autonoma, non derivata vuol dire Sovranità, forma potenziata di statualità. A lambiccare su come trovare soluzioni tecniche a questioni politiche e istituzionali vuol dire pensiero debole e forse un briciolo di gloria. Strillare tutte le mattine all'alba della imminente indipendenza serve molto meno che applicarsi a trovare valide e applicabili soluzioni in materia fiscale e di entrate e di organizzazione delle forme delle autonomie e delle forme statuali in risposta a bisogni crescenti manifestati dai cosiddetti Popoli senza stato. E non solo. Possibilmente riflettendo ,come per un buon periodo si è fatto, a come dare sostanza di diritti progressisti a proposte di modifiche costituzionali e dei trattati, che non possono essere meno democratiche dell'esistente; non possono essere più centraliste e nazionaliste di quanto lo siano le costituzioni e i trattati esistenti; mancanti soprattutto di una visione sociale e di una cultura capace di dare gli strumenti per affrontare in via non subalterna i tempestosi mari della mondializzazione e della globalizzazione. Per avviare un processo di queste pretese; per mettere insieme le energie intellettuali, morali ed etiche necessarie non sono utili ,anzi sono dannose, pratiche disinvolte non solo di governo; ma sono sempre più distorcenti e impedenti le pratiche del pressapochismo culturale e il ridurre tutte le manifestazioni di pubblico interesse alla volgarità pesante della cronaca e alla esaltazione della "pratica contro la grammatica." Senza una ripresa di confronto e di dibattito su valori ,ideali, progettualità e prassi corretta di governo sarà difficile non scivolare verso ulteriori sprofondamenti. E queste funzioni non possono essere viste o ricercate o attribuite come responsabilità solo alla categoria della politica. Credo che avesse ragione Bellieni quando diceva che non sarebbe stata possibile una buona stagione della Autonomia se non con la partecipazione attiva e che la facesse propria di un forte ceto di intellettuali. In questo senso diventa necessaria una svolta radicale che crei forte discontinuità con il recente passato e con i ceti dirigenti che ne sono stati i protagonisti. Non solo i singoli, ma i protagonisti della responsabilità dei corpi intermedi ai quali si chiede oggi più che mai la assunzione di ruoli e comportamenti coerenti con la rappresentanza che dicono di volere esercitare.

Custa est s'ora! D'ognunu facat su suo. Nois bi amus a proare!

BI CHERET "PROGETTU AUTODETERMINATZIONE !"

ROSSOMORI


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